Marvel IT presenta
# 34 – Nuove possibilità
di Carmelo Mobilia
Prologo.
Nascosta nella penombra, come se volesse nascondersi dagli occhi del
mondo, una figura misteriosa osserva la grossa borsa appoggiata sul tavolo.
<La fama del Riparatore è ben attribuita> dice <Per la cifra
pattuita ha realizzato il lavoro nei tempi. Un vero professionista, non c'è che
nulla da dire.> aggiunse, con grande soddisfazione.
Si mise ad osservare meglio il suo contenuto.
<Si... si, è proprio come lo volevo. E' perfetto. Con questo potrò
compiere la mia vendetta. La pagheranno... la pagheranno tutti!> esclamò,
battendo i pugni sul tavolo.
San Francisco non sapeva ancora cosa le aspettava...
Forrest Hills
Nel frattempo, ignoro di tutto ciò, Ben Reilly osservava suo figlio
David alla battuta; per pochi dollari si possono ottene mazza, casco e una
macchina lancia palle per fare pratica.
E' un hobby molto diffuso tra gli americani. Ben guardava il figlio
giocare e divertirsi, cercando di colpire la palla.
<Non essere frettoloso, aspetta il momento giusto.> gli diceva, da
dietro la rete metallica.
David fece segno di ok, e si rimise sulla pedana.
Ben non poté far altro che ricordare la sua infanzia, quando era un
gracile ed imbranato ragazzino. Aveva provato qualche volta a battere, ma aveva
paura della palla e smise, nonostante gli incoraggiamenti di zio Ben.
Certo, sarebbe più corretto dire che quelli erano i ricordi di Peter
Parker, di cui lui era un clone, ma perché puntualizzare? Li sentiva come se
fossero i propri, con la medesima dolce malinconia, ed andava bene così.
Per lo più si sentiva felice di constatare che David non avesse preso
affatto da lui.
Era un bimbo vivace, allegro, socievole.
<Tutto sua madre, in questo> si disse.
Pensare alla madre, Elizabeth Tyne, lo rendeva sempre un po' triste,
perché associava lei al tradimento per il quale perse l'amore di Helen Spacey,
la sua amata fidanzata.
O meglio, la sua attuale ex fidanzata.
Non era stata solo colpa di Elizabeth, ovviamente... certe cose si fanno
in due, e Ben si sentiva assolutamente colpevole di ciò. Il rimorso lo divorava
ogni volta che pensava a lei.
Non erano poche le volte in cui aveva preso il telefono dalla tasca e
desiderato di parlarle, ma ogni volta che doveva inviare la chiamata, qualcosa
lo bloccava.
Era la paura. La paura della reazione di lei.
Una reazione rabbiosa e fondata, legittima.
E quest'uomo, che nei panni del supereroe chiamato Ragno Rosso aveva
sfidato la morte centinaia di volte, aveva timore di chiamare una donna per
chiederle di perdonarlo.
<Forse ha ragione Vincent> pensò <Devo decidermi: o chiamo e
tento di aggiustare le cose o volto pagina.>
Stava rimuginando tra sé e sé quando David richiamò la sua attenzione.
<Hai visto papà? L'ho colpita!>
<Sei stato bravissimo, tesoro. Un vero campione. Continua così e
diventerai un altro Joe di Maggio!> gli disse per incoraggiarlo.
Preso da suo figlio, decise di rimandare la chiamata per l'ennesima
volta.
In un altra parte della città, Hobie Brown era seduto nei tavolini di
uno Starbucks a sorseggiare il suo caffè, quando venne avvicinato da un uomo
con gli occhiali.
<Se le mie informazioni sono corrette, lei dev'essere il sig. Brown,
dico bene?>
<Uhm, si, sono io. Con chi ho il piacere di parlare?>
<Mi scusi per il disturbo, sig. Brown. Mi chiamo Luke Carlyle e
lavoro per la Nexus Industries. E' una compagni di ricerca e sviluppo nel campo
della tecnologia hi-tech. Le nostre azioni sono quotate in borsa già da due
anni e...>
<Conosco la Nexus. Siete specializzate nella cibernetica.>
<E non solo, però si, è una delle nostre specialità. Sig. Brown, sono
qui perché il mio capo sta cercando di ampliare l'organico dei suoi
specialisti, e il suo nome c'è stato caldamente raccomandato dalla sua vecchia società
di New York. Pare che, dopo anni di anonimato, il suo talento sta finalmente
ottenendo i consensi che merita... e il mio capo si dice abbia occhio per il
talento.>
<Che cosa vuole da me, mister....>
<Carlyle. Vorremo che lei venisse a lavorare per noi. Abbiamo in
ballo alcuni progetti che un uomo tanto abile nel suo campo quanto lei non può
che trovare affascinanti.>
<Io mi occupo attualmente della creazioni di nuovi motori.>
<Lo sappiamo. Abbiamo letto il suo curriculum e penso che lei possa
esprimere meglio il suo genio in altri campi, signor Brown. Abbiamo il ballo un
progetto per un esoscheletro ad uso militare che penso che lei debba vedere.
Che ne dici di chiamarmi per poter venire a are un giro nella nostra sede? Le
lascio il mio biglietto, prenda un appuntamento con la nostra segretaria,
ovviamente compatibilmente con i suoi impegni.>
Hobie prese il biglietto. Non poteva ammettere che l'offerta di
quell'uomo l'aveva quantomeno incuriosito.
Periferia di San Francisco.
Un cadavere venne ritrovato dietro un cassonetto. Qualcuno aveva
chiamato la polizia.
In breve tempo il nastro giallo aveva circondato il perimetro, e la
sagoma in gesso del corpo era apparsa in terra.
Il cadavere, all'interno del consueto sacco nero, stava venendo caricato
sul furgone del Coroner.
<Cosa abbiamo qui?> chiese il detective Curran della omicidi,
accendendosi una sigaretta.
<La vittima è un maschio di 25 anni, Marcus Young. E' stato freddato
da due colpi di pistola.>
<Apparteneva a qualche gang?>
<No. Faceva il meccanico. Lo ha riconosciuto un suo collega. I
ragazzi lo stanno interrogando.>
<Andiamo a sentire cos'ha da dirci...>
Uno degli agenti stava raccogliendo la testimonianza del ragazzo, in
lacrime.
<Ma no, no, vi dico di no. Marcus non si faceva... cioè, si qualche
spinello forse, ma niente di grosso... non era nel giro. Non è stato un affare
di droga.>
<Chi poteva avercela con il tuo amico?> domandò il detective
<Aveva avuti discussioni con qualcuno, di recente? Che so, qualche rissa, o
aveva guardato la fidanzata di qualcuno...>
<No, no, nulla del genere... andava in giro coi ragazza, a volte in
qualche nightclub, ma nulla di fuori dall'ordinario...> singhiozzò il
ragazzo <Ma una volta una tipa è venuta in officina e gli ha puntato una
pistola. E' stato tempo fa.... ma alla fine non gli aveva sparato. Avevo detto
a Marcus di andare a denunciarla, ma lui non ne ha voluto sapere, diceva
solamente di dimenticare. Non ne voleva più parlare... così ci abbiamo messo
una pietra sopra. Ma adesso.... cazzo, io lo sapevo che doveva andare alla
polizia...> disse, piangendo.
<Una donna, hai detto?>
<S-Si.>
<Sapresti riconoscerla?>
<Cazzo, si. Era una che si faceva notare.> esclamo, tirando sul
col naso.
<Sapresti dunque descriverla?>
Lui annuì.
<Fate arrivare un agente per un identikit, poi confrontiamola con il
database della centrale.> ordinò il detective.
Il giorno dopo. Commissariato di polizia.
Come ogni mattina Ben si stava
recando verso la sala relax per prepararsi una tazza di caffè e mangiare una ciambella,
come era sua consuetudine fare prima di entrare in servizio, e notò che c'era
un gran brusio in centrale.
Tutti andavano verso lì e tornavano parlottando.
La cosa suscitò curiosità in Ben, quando improvvisamente udì la voce del
suo amico Vin Gonzales, che era uscito in corridoio:
<Allora, avete finito? Non c'è niente da vedere! Andate fuori dalla
palle!> gridava.
Tutti gli agenti si allontanarono ridacchiando.
<Che succede, Vin?> chiese Ben.
<Niente, abbiamo una manica di sfigati per colleghi, vieni, ti stavo
aspettando.>
<Me?>
<Si... Benjamini Reilly, volevo presentarti a mia sorella
Michelle.>
Michelle Gonzales era seduta al tavolo sorseggiando una tazza di the.
Era lei il motivo di tanta curiosità. Era una splendida ragazza, alta e
formosa.
Ben ne aveva sentito parlare bene, c'è chi l'aveva paragonata
all'attrice Sofia Vergara per il suo sex apeel, e vederla dal vivo era davvero
tanta roba.
Vincent era geloso della sorella e delle attenzioni che suscitava.
<Ciao, piacere di conoscerti.> la salutò Ben, sorridendole.
<Ciao Ben. Finalmente ci conosciamo... mio fratello non fa altro che
parlarmi di te.>
<Davvero?> disse Ben, imbarazzato.
<Si. E in termini lusinghieri, ci tengo a precisare. Ci tenevo a
vedere se fosse tutto vero o se esagerasse.>
<Ah, non dare retta a tuo fratello... la fa più grossa di quella che
è....>
<Visto? È arrossito. Non te lo avevo detto che era modesto?> disse
Vincent, dandogli una pacca sulla schiena.
<Uh... come mai da queste parti, Michelle? Tu fratello mi ha detto che
sei un avvocato... devi incontrare un cliente?> chiese Ben, per cercare di
sviare il discorso.
<No, nulla di tutto questo. Mio fratello ha dimenticato a casa di
nostra madre il portafogli, e mi ha chiesto di portarglielo. Ha guidato fin qui
senza patente, sai? Dovreste multarlo!> rispose lei sorridendo.
<Già... a volte non so proprio dove ho la testa...> confessò lui,
ridacchiando.
“Lo so io dove” pensò Ben. Non gli ci volle molte per capire che
era stata una scusa per far si che loro due s'incontrassero.
<Sai che Ben è un fan di Elvis Costello?> se ne uscì Vin.
<Maddai? Piace anche a me.>
disse Michelle.
<Già … avete tante cose in comune, sai?>
<Tante... una...> fece notare Ben, sempre più imbarazzato.
Gli appuntamenti combinati lo aveva sempre innervosito. Non gli piaceva
non aver il controllo della situazione... tuttavia, Michelle pareva davvero
simpatica e piacevole, oltre ad essere uno schianto.
In un qualche modo, gli ricordava l'esuberanza di Mary Jane.
Tra una chiacchiera e l'altra, quasi inconsapevolmente, Ben si ritrovò
ad accettare l'invito di Michelle di andare ad ascoltare una band che suonava
dal vivo.
Vin intanto gongolava, per la riuscita del suo piano.
<Guarda che t'ho capito... la patente dimenticata... ma chi ci
crede?> gli disse Ben, una volta che Michelle fosse andata via.
<Intanto te l'ho fatta. Scacco matto. Se aspettavo che la chiamassi
te, stavo fresco... mettiti carino, stasera. Usa il gel.>
<Oh, non cominciare, intesi? E che non ti venga in mente di seguirci,
ok?>
<E chi può dirlo?> rispose l'ispanico, sorridendo.
Altrove.
La curiosità alla fine prevalse. “Prova andare a sentire cosa ti
offrono” lo spinse sua moglie Mindy, e così alla fine Hobie Brown decise di
accettare le lusinghe di Luke Carlyle.
La visita alla Nexus suscitò in lui quello che di norma viene descritto
come “l'entusiasmo di un bambino in
un negozio di giocattoli” , ed effettivamente era una metafora che ben si
adattava al suo spirito. Era il paradiso per un appassionato di tecnologia.
Nei panni di Prowler era un supereroe di tipo urbano, che non
frequentava i grandi laboratori di scienziati come Reed Richards o Tony Stark,
quindi per lui era il massimo.
<Devo ammetterlo, mr Carlyle, non esagerava quando si vantava di
essere all'avanguardia nel campo dello sviluppo hi-tech.>
<Mi fa piacere che lo riconosca. Credo proprio che lei si troverà
bene qui, se deciderà di accettare la nostra offerta.>
<Beh che posso dire... ci voglio pensare un po' su, ma le devo
confessare che sono molto tentato...> ammise.
<E si conceda di cedere alla tentazione, mister Brown... mi creda,
non se ne pentirà.> esordì una voce alle loro spalle.
<Mister Brown, mi permetta di presentarle il nostro presidente....
l'uomo che ha reso possibile tutto questo: Ezekiel Sims.>
Il ragazzo del Bronx era davanti ad uno degli uomini più ricchi
d'America, che parlava di lui in modo lusinghiero.
Hobie provava una sensazione di disagio, ma Sims lo metteva a suo agio:
sembrava veramente intenzionato a valorizzare il suo valore.
<Io spero davvero
che lei accetti la mia offerta, mister Brown. Un talento come il suo va
valorizzato, e io mi vanto di saper valorizzare il talento. Ovviamente, traendo
profitto, si capisce> disse, mettendosi a ridere, poi riprese:
<Questa può diventare casa sua, se lo vorrà. Può essere come Babe
Ruth con gli Yankees.> disse convinto.
Hobie Brown non dormì quella notte, pensando a quelle parole.
Quella sera.
L'appuntamento con Michelle era per le 10 e mezza, c'era dunque qualche
ora libera. Ben aveva deciso di fare un giro di perlustrazione nei panni del
Ragno Rosso, prima di tornare a casa per prepararsi alla serata.
<Ancora non ho capito come ha fatto Vin ha incastrarmi> borbottò
fra sé e sé, penzolando da una ragnatela all'altra <Beh d'altronde.. non mi
sta mandando al patibolo. Michelle pare davvero una ragazza fantastica...
immagino che dovrei ritenermi fortunato...> ma dentro di lui era ancora vivo
il ricordo di Helen e la loro storia.
Era davvero pronto a voltare pagina? Magari era questo il vero motivi di
tutto quel nervosismo... era davanti ad un bivio. Uscire con Michelle
significava aver chiuso definitivamente con Helen.
<Andiamo... è solo un uscita tra amici. Beviamo un drink, ascoltiamo
della buona musica e nient'altro... non è un vero e proprio appuntamento,
no?> si diceva.
Il senso di ragno iniziò a pizzicare, poi sentì un urlo.
<AL LADRO!> gridava una donna.
Era avvenuto uno scippo: l'uomo le aveva afferrato la borsetta e stava
scappando.
La derubata lo inseguiva ma il ladro era troppo rapido per lei.
Per il Ragno Rosso però fu davvero uno scherzo, raggiungerlo,
tagliandogli la strada.
<Tsk tsk tsk... non ci siamo affatto, Bernie? Posso chiamarti
Bernie, vero? La mamma non t'ha insegnato che non si prende ciò che non ci
appartiene?>
Il ladro virò, cambiando percorso, cercando di raggiungere l'altro
marciapiede dal lato opposto della carreggiata attraversando la strada
nonostante il rischio di venire investito.
Un auto fu sul punto di metterlo di sotto, ma prima che potesse colpirlo
il Ragno Rosso, appeso ad una delle sue tele, lo tolse dalla traiettoria,
portandolo in salvo.
<E attraversi la strada senza guardare? Bernie... spezzerai il cuore
della tua mamma se continui così...>
Lo immobilizzò con la sua tela, e recuperò la refurtiva.
La donna derubata lo raggiunse, ormai senza fiato.
<Dio ti benedica Ragno Rosso.... dio ti benedica!> gli disse
abbracciandolo in lacrime.
Il supereroe scarlatto rimase stupido da quella manifestazione
d'affetto.
In pochi istanti si radunò una folla che cominciò ad applaudirlo e a
inneggiare per lui.
<Sei stato grande, Ragno!>
<Si, davvero forte! Continua così!>
<Sims ha ragione su di te; dovrebbero farti una statua!>
Complimenti di questo genere si elevarono.
Ben era imbarazzato e piacevolmente stupito da ciò. Era lusingato da
tanta gentilezza.
<Uh grazie ragazzi... ho fatto solo il mio dovere...> borbottò,
dopo di che lanciò una delle sue tele e si allontanò.
<Questa poi... ben diverso dai tempi del Bugle e di J.J.J.. Da quando
Ezekiel Sims è stato in TV a parlare bene di me, la gente ha iniziato a
guardarmi sotto una luce diversa.> notò.
La cosa non poteva che compiacerlo.
Più tardi.
Fu una delle più difficili decisioni che avesse mai preso. Per Helen
Spacey fu piuttosto duro dover ingoiare il suo orgoglio, ma la voglia di voler
rivedere Ben alla fine prese il sopravvento.
Quantomeno per parlargli, per potergli porre alcune domande.
Così, forzando un po' la mano al proprio ego, aveva deciso di andare a
trovarlo a casa.
Insieme avrebbero deciso se riprendere o meno. Il silenzio degli ultimi
tempi era diventata una sofferenza.
Più si avvicinava al portone del palazzo a Forrest Hill più il suo cuore
batteva all'impazzata.
Cosa gli avrebbe detto? E lui come l'avrebbe accolta?
E se non fosse stato in casa? Se fosse in giro per la città appeso alle
sue tele nei panni del Ragno Rosso? Ne sarebbe stata sollevata?
Domande di questo genere le rimbalzano continuamente in mente. Sentiva
lo stomaco stringersi ma continuò ad avanzare.
All'improvviso però lo vide uscire dal portone. Una macchina lo stava
aspettando.
Helen era sul marciapiede opposto e si nascose in un vicolo per non
essere vista, ma guardò con attenzione chi fosse all'interno dell'auto.
Era una bella ragazza latina. Lunghi capelli neri, truccata ed elegante.
Aveva tutta l'aria di essere un appuntamento galante.
Un primo appuntamento, perlomeno.
Notò come lui non la baciò sulle labbra e pareva piuttosto nervoso.
L'auto con a bordo Ben e la sua amica partì. Helen la osservò
allontanarsi.
Rimase lì, sotto al suo portone. Il suo stato d'animo era indecifrabile.
La sua reazione istintiva era di sentirsi arrabbiata, arrabbiata perchè
vedeva il suo Ben era con un altra. Poi però subentrò la ragione, e si chiese
se quello era ancora il suo Ben.
Lui dopo un po' aveva smesso di cercarla, e lei non lo aveva più
richiamato.
Aveva il diritto di uscire con un altra? Si.
La cosa gli stava bene? No.
Era triste, arrabbiata e confusa.
A bordo dell'auto Ben Reilly era ignaro di tutto ciò. Era imbarazzato e
nervoso.
<Ti senti a disagio per questa inversione di ruoli? Io che vengo a
prenderti sotto casa?> chiese Michelle.
<No... insomma, siamo nel ventunesimo secolo, e io sono un
sostenitore della parità dei sessi. E poi, al momento non ho un auto, ma solo
una moto. Un sidecar.>
<Hai un sidecar? Oh ma allora la prossima volta vieni a prendermi tu!
Non sono mai stata sopra un sidecar.>
<D'accordo, faremo così.> rispose sorridendo. Poi si fermò a
pensare “Sta già parlando di una prossima volta?” e la cosa non potè che
farlo sentire lusingato.
La loro prima tappa fu al Roadhouse Blues, un disco pub dove si
esibiva una band che faceva cover dei grandi pezzi degli anni 70.
Un'ora e mezza di buona musica, poi decisero di uscire a andare a
mangiare un boccone fuori.
<Sono davvero contenta che ti siano piaciuti.>
<Si decisamente. Molto bravi. Hai avuto davvero un bella idea.>
<Dove vorresti andare a mangiare?> chiese lei.
<Che ne dici di una pizza? Potremmo andare da Antonello.>
<Buona idea, andiamo.>
Dopo l'iniziale e comprensibile imbarazzo, Ben aveva preso a sentirsi a
suo agio con Michelle.
Bella, spiritosa, piena di gioia di vedere, si sentiva incredibilmente
fortunato ad essere lì con lei, in quel momento.
<Domani Vin non mi darò tregua, e vorrà che gliene riconosca ogni
merito di questa serata riuscita.> si disse, fa sé e sé.
Si sentiva bene, e per la prima volta dopo tanto tempo non pensava ad
Helen.
Ma quel bel momento non era destinato a durare.
Il suo senso di ragno si mise a pizzicare.
Alzò la testa, d'istinto. Non riuscì a notare nulla di insolito, tranne
che per un dettaglio che gli gelò il sangue nelle vene: una scia di fumo nero
nel cielo, che gli rievocava tragici ricordi.
<Michelle, mi devi veramente scusare, ma mi sono ricordato di aver
trascurato un impegno urgente...>
<Cosa?>
<Si, si.. è così. Ero, uh, talmente eccitato da questa uscita da essermene completamente dimenticato. Ti
chiedo scusa, davvero tanto. Ti richiamo io e mi farò perdonare.>
<Ma dove vai? Siamo venuti con la mia macchina, lascia almeno che ti
accompagni...>
<No davvero, non serve, prenderò un taxi. Tu vai a casa. Ti chiamo
io. Scusami.> e dicendo così, Ben si
mise a correre.
Michelle ci rimase davvero male. Si chiese cosa potesse essere
accaduto... aveva sbagliato qualcosa? Stava andando tutto per il meglio... cosa
poteva essersi dimenticato di così tanto impellente da farlo scattare in quella
maniera.
La ragazza non poteva immaginare che in quel momento, in un vicolo
isolato, lontano da occhi indiscreti, Ben si stava cambiando nel Ragno Rosso.
<Mi dispiace aver dovuto lasciare Michelle così bruscamente. Se la
sarà senz'altro presa... ma devo accertarmi se quello che ho visto sia davvero
ciò che temo. Prego Dio di sbagliarmi...>
In men che non era sopra la città, appeso alla sua tele.
Seguiva la scia lasciata dalla cortina di fumo. Poi, improvvisamente, il
senso di ragno riprese a pizzicare forte, seguito da un fragoroso boato e un
inquietante bagliore.
<No... oh mio Dio, no....> disse, precipitandosi verso il luogo da
cui proveniva il boato.
Arrivato sul posto vide un auto della polizia in fiamme, come se fosse
saltata in aria.
I timori del Ragno Rosso venivano sempre più confermanti.
Scese a terra e cercò di soccorre i due agenti nell'auto. Il tentativo
fu inutile: erano già morti.
Sotto la maschera Ben chiuse gli occhi e digrignò i denti per la rabbia.
Si udì in lontananza una sirena. La polizia e i vigli del fuoco stavano
arrivando.
Il Ragno Rosso rimase lì, immobile, sentendosi impotente e inutile. Poi
si mise poi a cercare il dettaglio, quel dettaglio che avrebbe
confermato definitivamente quello che il suo cuore ormai sapeva.
Si mise a cercare tra i resti dell'auto,
tra le lamiere, quando alla fine, tragicamente, lo trovò: era un
frammento arancione. L'inconfondibile frammento di una bomba-zucca.
CONTINUA....
Le Note
Riprendono le avventure del Ragno Rosso. Un numero di relativa calma, ma
il finale non lascia presagire nulla di buono. E non siate sicuri di sapere
qual è la minaccia che attende il nostro eroe...
Carmelo
Mobilia